La filosofia che sempre più guiderà il data driven marketing rispecchia la rivoluzione che più in generale ha investito le strategie di comunicazione che sono sempre più customer centric e meno product centric. La diffusione di comportamenti omnicanale nei percorsi di acquisto da parte dei clienti obbliga sempre più le aziende ad ascoltare la voce del consumatore, in qualsiasi momento e ovunque egli voglia esprimersi. Le aziende devono cioè percepire quello che è giusto per ciascun interlocutore e non solo focalizzarsi sul proprio impegno ad aumentare i risultati di business.
Come ormai sappiamo la sfida si gioca perciò sulla raccolta dei dati, sul modo di gestirli, proteggerli, renderli il più significativi possibile e, quindi, utilizzarli.
Omnicanalità, un fenomeno che deve ancora affermarsi
Come rilevato dall’Osservatorio Omnichannel customer experience del Politecnico di Milano a fine 2019, nel 70% delle imprese medio grandi italiane si parla di omnicanalità ai vertici aziendali, l’argomento è quindi conosciuto, ma sono ancora poche le iniziative in merito: solo il 6% del campione monitorato dall’Ateneo ha realizzato concretamente un modello omnicanale.
Gli ostacoli all’implementazione di strategie davvero omnichannel sono per lo più risolvibili proprio con la tecnologia e si tratta: della presenza di silos organizzativi (52%); dell’assenza di sistemi di misurazione dell’omnicanalità; dell’impossibilità di integrare dati eterogenei (39%) e addirittura della mancanza di sistemi informativi adeguati (50%)…
Qualità vs quantità, come orientarsi per il data driven marketing del futuro?
Sono sicuramente importanti tanto i dati quantitativi quanto quelli qualitativi, è importante cioè conoscere i numeri relativi ai propri clienti (quanti sono, cosa comprano, quanti accedono al sito eccetera) e le aziende lo sanno molto bene, anzi forse sono dati che sono stati anche un po’ sopravvalutati…
Sempre più sarà importante tenere traccia anche dei dati qualitativi e con questo si intende per esempio saper valutare quanti e quali visitatori di un sito compiono i vari passi che vengono loro indicati per ottenere informazioni o addirittura in quale numero i lead si trasformano in clienti.
Verso nuove iniziative per la privacy
Con l’entrata in vigore di Regolamenti quali il GDPR in Europa così come il Consumer Privacy Act in California si è posta particolare attenzione alla protezione dei dati personali e le aziende hanno rivisto la propria organizzazione e dotazione tecnologica per essere compliant alle normative, ma continuano ad aprirsi nuove frontiere in tale senso.
Ci si aspetta, in particolare, che le aziende si allontanino dai grandi fornitori di dati (pensiamo a giganti quali Google, a febbraio 2020 sotto inchiesta della Data protection commission irlandese in merito alla condivisione dei dati relativi alla geolocalizzazione) per raccogliere in autonomia dati per loro indispensabili e mettersi al riparo da eventuali questioni legali collegate ad altri operatori.
Non solo, una scelta di questo tipo rende possibile applicare i principi etici e i valori condivisi al proprio interno anche alla raccolta delle informazioni.
E così la stessa trasparenza in ambito big data management, abilmente comunicata al mercato, potrà rappresentare un elemento di differenziazione rispetto ai competitor.
Sempre maggiore personalizzazione, anche grazie all’intelligenza artificiale
Raccogliere i dati in modo indipendente è un’attività che può avere altri effetti decisamente positivi. Ciò è vero soprattutto sul fronte della personalizzazione delle azioni di marketing. Se si mettono insieme i dati opportunamente richiesti e individuati per uno specifico obiettivo, sarà molto più facile personalizzare i propri messaggi e si farà prima a individuare i segnali utili rispetto al “rumore” di fondo che per esempio spesso caratterizza i social network.
L’intelligenza artificiale può offrire un prezioso contributo sia per individuare i dati più interessanti per le proprie iniziative sia per identificare i canali attraverso i quali attivarli in modo rapido, la velocità è infatti un fattore sempre più determinante per fare la differenza rispetto alla concorrenza.
I modelli di analytics più evoluti si andranno affermando
Secondo gli studiosi dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano, sono principalmente 4 i modelli di big data analytics: descriptive, predictive, prescriptive e automated. Naturalmente le principali sfide tecnologiche si disputano negli ultimi tre ambiti perché la volontà delle aziende sarà sempre più quella di fruire di strumenti avanzati per: sapere cosa può accadere in futuro (predictive si pensi alla possibilità per esempio di capire in anticipo quali potrebbero essere i clienti che stanno per abbandonare il portale di e-commerce); per ottenere indicazioni per compiere scelte davvero data driven (cioè fare prescriptive analytics) e chiederanno soluzioni capaci di implementare autonomamente le azioni ritenute utili (automated analytics).
Secondo gli uomini dell’Osservatorio queste ultime due opportunità nel 2019 erano sfruttate solo rispettivamente nel 23% e nel 10% delle organizzazioni, ma il percorso futuro è tracciato e l’adozione di queste tecnologie si stima in aumento.