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Big data healthcare: i numeri al servizio della sanità

big data healthcare

Da sempre il mondo dell’healthcare ha basato le sue le evoluzioni e il suo progresso sui dati. Potremmo addirittura dire che la medicina è un settore data-driven per antonomasia. E lo era ancora prima che si affermasse il digitale. Però la capacità di gestire in modo più organico e integrato informazioni, anche del tutto eterogenee, come ha permesso il digitale ha portato la capacità di diagnosi e di cura su un livello superiore. Oggi saper gestire in modo efficace i big data consente di avere uno strumento in più al servizio della sanità, uno strumento che però può fare una grande differenza nell’affrontare le sfide che pone il mondo dell’healthcare. 

La prima fonte di dati al mondo

Il numero di informazioni gestite in ambito sanitario è tale che secondo le stime emerse da un’indagine condotta da The European House – Ambrosetti, il comparto risulta oggi la principale fonte di dati a livello globale: contribuisce per circa il 30% al volume totale. Riesce a superare addirittura il manufacturing, i servizi finanziari e il settore dei media e dell’intrattenimento. Non stupisce quindi che, entro il 2025, la previsione indichi un tasso di crescita annuale composto del 36% per i dati sanitari. Ciò significa ipotizzare un ritmo di crescita che supera del 6% il manifatturiero, del 10% i servizi finanziari e dell’11% media e intrattenimento. Si parla quindi di una mole di dati davvero enorme, che però sono raccolti in modo molto frammentario. 

Rendere i dati omogenei 

Un aspetto importante che caratterizza la sanità è che ogni struttura spesso dispone di molteplici database che contengono informazioni inerenti alla stessa persona, ma che non sono collegate tra loro. In ciò incide molto il fatto che i dati raccolti riguardano ambiti diversi, come le analisi, la diagnostica per immagini, gli interventi o le cure, e le informazioni acquisite hanno formato differente (testo, immagini, video o commenti audio) che storicamente sono raccolti e gestiti in modo disomogeneo, secondo quella che è definita struttura silos. E ancora oggi spesso in molte realtà accade che siano presenti più database contenenti dati dello stesso paziente, senza che vi sia alcun collettore tra i diversi database. La raccolta e gestione dei dati devono considerare le complesse architetture dei sistemi sanitari, spesso costituiti da diverse sedi distaccate sparse sul territorio che elaborano localmente le informazioni prima di condividerle. Pertanto, i sistemi digitali per la sanità devono essere in grado di gestire tutti i processi che vengono inizialmente elaborati “on the edge”, come nel caso delle cartelle cliniche o dei referti della diagnostica per immagini. Ma anche i dati che provengono dai dispositivi IoT o indossabili sempre più spesso impiegati nel monitoraggio remoto o nell’assistenza a distanza. 

I benefici che offrono i big data 

I big data rappresentano un potenziale enorme, ma affinché questo potenziale possa tradursi in un aiuto concreto per la sanità, è cruciale garantire una gestione adeguata dei dati attraverso sistemi flessibili, scalabili e modulari. Sistemi che permettano di estrarre i dati di interesse dai vari database rendendoli omogenei, indipendentemente dal formato originale. Questo è il primo passo per poter ottenere degli insight da tali dati. Il secondo step è effettuare degli analytics: sfruttando tecnologie come l’intelligenza artificiale o il machine learning si possono ottenere utili informazioni che portano a diagnosi più precise, una migliore fornitura di cure e una più efficace gestione delle malattie e delle operazioni. 

Per esempio, possono essere più efficacemente identificati i pazienti a rischio, consentendo interventi mirati per migliorare gli esiti di salute, contribuendo allo sviluppo di strategie preventive. Grazie a un’analisi dettagliata dei dati attuali e storici, si possono poi prendere migliori decisioni cliniche e operative. Professionisti e organizzazioni sanitarie possono così garantire cure di alta qualità, ottimizzare l’efficienza e gestire in modo più puntuale le risorse. 

Le organizzazioni sanitarie possono ottenere un miglioramento complessivo nelle cure. Tramite i big data vengono abilitati trattamenti personalizzati e una più accurata gestione delle malattie croniche. Inoltre, sono limitati gli errori umani, migliorando la sicurezza dei pazienti. 

Si può poi avere il monitoraggio in tempo reale della salute dei pazienti (anche in remoto) per prendere decisioni più tempestive e accurate. Non solo. Si può anche avere una gestione ottimale delle strutture sanitarie, con una programmazione più precisa dei ricoveri futuri, migliorando l’esperienza dei pazienti e soddisfacendo le esigenze del personale sanitario. 

Un ruolo sempre più fondamentale

Non si esagera certo se si afferma che i big data rappresentano una rivoluzione nell’assistenza sanitaria. Possono infatti fornire preziose informazioni per migliorare le cure, ottimizzare la gestione delle risorse e prevenire malattie e anche epidemie. A tal fine, bisogna però usare gli strumenti giusti per abbattere i silos che spesso li separano così da creare set omogenei di informazioni. Solo in questo modo si può riuscire a effettuare efficaci analytics per ottenere utili insight. Da sottolineare infine che, con lo sviluppo continuo delle tecnologie di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, i big data assumeranno un ruolo sempre più fondamentale nel plasmare il futuro dell’assistenza sanitaria, portando benefici sia per i pazienti sia per gli operatori sanitari. 

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