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NEODATAISMO | Manifesto

neodataismo

Ogni azione umana oggi genera dati. I nostri gesti creano spazi informatici: mentre viviamo, occupiamo più luoghi contemporaneamente. Anche se non lo sappiamo, siamo ubiqui. Abbiamo identità digitali ben definite. Abitiamo luoghi traslati in byte, ci rinfreschiamo all’ombra di alberi in binario e fotografiamo codici colore dentro tramonti bellissimi.

Oggi l’uomo e i dati sono indissolubilmente legati. Nonostante questo, però, comprendere l’immensa mole di dati che abbiamo generato è stato a lungo privilegio di pochi. Per troppo tempo i caotici e giganteschi oceani di informazioni digitali non sono stati accessibili e navigabili da chiunque. Se così non fosse stato, tutti avrebbero potuto capirli. Se così non fosse stato, non avrebbero rappresentato per anni una realtà più caotica della realtà stessa

In quel tempo, fare ordine è stato certamente un talento di pochi. Pochi privilegiati riuscivano nel miracolo dell’interpretazione. Decriptare, ripulire, connettere ed intuire: un vero monopolio per i maestri analisti e scienziati.

La condivisione della conoscenza è stata la chiave per permettere a tutti di accedere a questo immenso patrimonio.

L’innovazione è stato il motore sociale per usarla nel modo giusto.

Negli ultimi anni abbiamo studiato per costruire ponti in grado di azzerare le distanze tra il caos digitale e la realtà tangibile, creando strumenti in grado di democratizzare il sapere erudito di pochi. Abbiamo ridistribuito il potenziale disperso sul nostro territorio. Abbiamo compreso finalmente che impiegando la creatività, la più antica tra le inclinazioni umane, è possibile umanizzare il dato generando spazi interstiziali nei quali abbiamo avviato scambi infiniti di sapere.

Ancora una volta, l’incessante ricerca di un modo per esprimere la nostra identità ci ha condotti in alto. Questa storica inclinazione ha spinto donne e uomini in ogni parte a trovare una via per consentire la comprensione dei dati attraverso le arti figurative di ogni genere.

La Data Visualization ha accostato per la prima volta dei canoni estetici ad un universo rigido e sprovvisto di forma, ci ha insegnato che la prima regola per interagire con i dati è rimanere fedeli alla propria parte più viva. Il segreto è rappresentarli attraverso proiezioni umane. Molti mondi sono stati costruiti con questo intento, molte menti hanno lavorato al rafforzamento del legame tra uomo e dati. Abbiamo percorso strade lunghissime che ci hanno riportato a casa ed il nostro obiettivo, oggi, è anche il nostro punto di partenza. 

La nostra ambizione è compiere concretamente l’ultimo passaggio per umanizzare il dato. Per farlo non ci servono algoritmi, ma le menti degli artisti, i movimenti di pennello, i colpi di scalpello e la forza delle idee. 

Per rendere umani i dati, facciamo appello all’insegnamento della storia e riportiamo al centro l’esistenza e le sue pulsioni, l’istinto ed i colori. 

Il nostro obiettivo è strappare i dati al mondo digitale per portarli dentro al nostro. Vogliamo che diventino ispirazione e poi, arte.

Vengo creato. 

Mi faccio strada tra formati diversi ma percorro due binari sempre uguali. 

Occupo il mio posto su una nuvola con radici solide al terreno. 

I colori sono codici amici, anch’io lo ero un tempo.

Aspetto il mio turno.

Prima o poi qualcuno mi verrà a prendere.

Senza l’uomo non esisto”.

CONTESTO NEODATAISMO

Il NeoDataismo nasce dall’esigenza di ribaltare il pensiero Dataista attraverso forme nuove. Il bisogno è quello di smontare coscienziosamente il preconcetto sulla grande rivoluzione dei big data intesa come la profetica fine dell’unicità della coscienza umana.

Nel 2013 David Brooks usò per la prima volta il termine Dataismo sul New York Times per indicare il crescente fenomeno dei Big Data. La corrente di pensiero venne poi ripresa nel 2016 nel libro Homo Deus: A Brief History of Tomorrow di Yuval Noah Harari che ne diede una lettura ben più pessimistica. Da semplice termine descrittivo, il Dataismo si trasformò in una previsione distopica all’interno della quale l’algoritmo diventa il padrone delle vite umane.

Il NeoDataismo ha l’ambizione di ribaltare questa credenza, concedendo fondamenta concrete all’idea che è possibile rendere umani i dati. La fobia sociale è il frutto di una decennale e mancata condivisione della conoscenza. Democratizzare i dati ci ha permesso di scoprirne i volti nascosti e, più di ogni altra cosa, ci ha concesso di creare connessioni tra le persone. 

L’obiettivo del NeoDataismo è oggi dimostrare a tutti che è possibile vedere chiaramente nei dati la propria parte più umana e creativa attraverso l’arte.

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