La data migration è una necessità sempre più urgente per le aziende che puntano sul cloud. Infatti, secondo IDC, oltre il 60% delle aziende considera la data migration al cloud il passaggio più critico delle proprie strategie digitali.
Con l’esplosione dei volumi informativi e la spinta verso infrastrutture più agili e scalabili, trasferire i dati da sistemi legacy al cloud non è più un’opzione, ma un passaggio obbligato, un processo che comporta anche delle sfide tecniche, organizzative e persino normative che non possono, né devono, essere sottovalutate.
Una migrazione mal gestita, infatti, può tradursi in inefficienze, perdita di dati o disservizi operativi. Al contrario, una strategia ben pianificata consente di migliorare la qualità del dato, abilitare nuove analisi e accelerare il time-to-insight.
Per questo The Information Lab, che da anni aiuta le organizzazioni nei processi di data migration, può fornire alcuni punti essenziali per procedere al meglio e assicurare la corretta riuscita dell’operazione.
Perché migrare i dati al cloud: vantaggi per le aziende
Spostare i dati nel cloud non è solo una scelta infrastrutturale: è una leva strategica per abilitare nuovi modelli decisionali, rendere i dati accessibili in tempo reale e semplificare l’integrazione tra sistemi.
Tra i vantaggi più evidenti, ci sono:
- scalabilità immediata e adattabilità ai carichi di lavoro;
- riduzione dei costi legati alla manutenzione on-premise;
- maggiore sicurezza grazie a strumenti evoluti di controllo accessi e crittografia;
- velocità di deployment e time-to-insight più rapidi.
Bisogna però considerare che per ottenere questi benefici serve una migrazione ben progettata, che eviti errori e dispersioni informative.
Le principali sfide della data migration
Le criticità non mancano. La complessità delle sorgenti dati, la presenza di sistemi legacy eterogenei, i vincoli normativi così come la necessità di continuità operativa sono tutte situazioni che rendono ogni migrazione un progetto ad alta sensibilità.
Le sfide che emergono più frequentemente sono:
- la difficoltà nel mappare e comprendere i dati esistenti;
- il rischio di perdita di qualità e coerenza tra le fonti;
- la necessità di integrare sicurezza, tracciabilità e conformità;
- gli impatti organizzativi e culturali legati al cambiamento.
Data migration: 5 best practice per trasferire dati al cloud
Trasferire i dati al cloud è un passaggio strategico che, se affrontato con metodo, può diventare un’opportunità per migliorare l’intera gestione del patrimonio informativo aziendale. Ma bisogna considerare che la data migration è anche una delle operazioni più complesse e delicate dal punto di vista tecnico, organizzativo e normativo.
Errori in fase di migrazione possono:
- compromettere la qualità dei dati;
- generare interruzioni nei servizi;
- o causare non conformità con le normative vigenti.
Per questo motivo, è fondamentale adottare un approccio strutturato, che coniughi visione strategica e controllo operativo.
1. Valutazione dei dati e pianificazione della migrazione
Un assessment iniziale consente di comprendere dove risiedono i dati, in che forma sono archiviati e quali sono le loro relazioni con i processi aziendali. È un momento fondamentale per definire le priorità, identificare i dati critici e impostare una roadmap realistica, condivisa tra IT e business.
Si tratta anche della fase più complicata da far “digerire” al management. La voglia di cominciare e di avviare la migrazione, e iniziare a fruire dei benefici, spesso tende a mettere fretta alle organizzazioni. Ma spostare un dato nel cloud non è un trasferimento qualunque, perché va a impattare i processi, la governance e anche la compliance; quindi, l’assessment dev’essere curato, completo e integrato.
2. Scelta della strategia di migrazione: big bang vs trickleSono due sono le strategie più comuni per la data migration.
- La migrazione di tipo Big bang prevedere il trasferimento completo in un’unica fase. È veloce, ma bisogna mettere da conto anche un maggior rischio di disservizi.
- La migrazione trickle invece rappresenta un approccio più graduale, condotta in più fasi, con ambienti ibridi temporanei. Richiede più tempo, ma dall’altra parte offre maggiore controllo.
La scelta fra uno o l’altro tipo dipende dalla complessità del sistema, dal livello di criticità dei dati e dalle esigenze operative.
3. Data cleansing e data quality
Il processo di data migration dev’essere sfruttato anche come occasione ideale per ripulire, normalizzare e validare i dati. In altre parole, come momento per “sistemare” la propria base di dati, così da agevolare il successo dell’operazione.
Situazioni come errori, duplicazioni e incoerenze devono essere risolte prima del trasferimento. In caso contrario, il rischio è di replicare gli stessi problemi nel nuovo ambiente cloud. Il risultato della pulizia è una base dati più affidabile e pronta per l’analisi.
4. Sicurezza, compliance e backup
La sicurezza negli ambienti cloud deve essere progettata fin dall’inizio. È fondamentale implementare crittografia, policy di accesso, auditing e backup. Inoltre, bisogna assicurarsi che la migrazione rispetti le normative in vigore (come il GDPR o l’AI Act), anche in caso di multi-cloud o distribuzione internazionale.
I moderni sistemi usati per la data migration permettono di adeguare la data migration a seconda del Paese in cui risiedono i dati, così da aderire alle normative vigenti locali (europee o statunitensi, per esempio).
5. Testing, validazione e monitoraggio post-migrazione
Una volta completata la migrazione, è essenziale eseguire test funzionali e controlli incrociati per verificare la correttezza e l’integrità dei dati. Coinvolgere i team di business aiuta a individuare errori nascosti. A questo punto, attivare sistemi di monitoraggio continuo consente di rilevare anomalie e ottimizzare la nuova infrastruttura.
Tecnologie e strumenti per la data migration
Le soluzioni a supporto della data migration sono sempre più evolute. Le piattaforme cloud come Snowflake, Google BigQuery o AWS Redshift offrono strumenti nativi per migrazione, replica e sincronizzazione dei dati, anche in ambienti ibridi.
Per la fase di integrazione, normalizzazione e trasformazione dei dati, strumenti come Informatica Cloud, Alteryx e Fivetran facilitano l’automazione dei flussi ETL/ELT.
Infine, piattaforme di orchestrazione e monitoraggio supportano governance e qualità post-migrazione.